Racconti di eccellenza

Editoriale

Questo numero di MTU nasce in un momento molto particolare: durante la fase di lockdown della primavera del 2020. Abbiamo allora immaginato un racconto in più più episodi, per parlare di quelli che sono elementi di eccellenza della nostra azienda, ma con uno sfondo in cui si muovono tutti i fatti, gli eventi (più o meno attesi) che condizionano il nostro lavoro e la nostra vita, come abbiamo avuto modo di sperimentare in modo drammatico durante i mesi di quarantena.

Perché la capacità di risposta, adattamento e previsione è una parte fondamentale dell’identità di Meccanotecnica, che ci permette di affrontare momenti difficili facendo leva sui valori che ci hanno sempre guidato. Ne abbiamo parlato con Zeudy Bianchi, Emanuele Minciarelli, François Prévot e Luciano Vagnoli, componendo con le loro parole una nuova narrativa dell’eccellenza secondo MTU.

L'eccellenza ai tempi della pandemia.

Il dodici gennaio 2020, l'Organizzazione Mondiale della Sanità confermava che un nuovo coronavirus era la causa di una nuova infezione polmonare che aveva colpito diversi abitanti della città di Wuhan, nella provincia cinese dell'Hubei, il cui caso era stato portato all'attenzione dell'OMS il 31 dicembre 2019. Il mondo intero da li a poco avrebbe ripreso confidenza con una parola quasi dimenticata: pandemia. Le conseguenze della pandemia producevano immediati condizionamenti sulle abitudini di vita e lavorative di ogni paese. In Italia questa si manifestava l'11 marzo 2020, quando il governo emanava il  Decreto #IoRestoaCasa, che estendeva a tutto il territorio nazionale italiano misure di isolamento sociale e interruzione della maggior parte delle attività economiche: venivano sospese le comuni attività commerciali al dettaglio, le attività didattiche, i servizi di ristorazione; vietati gli assembramenti di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico, gli spostamenti non giustificati da particolari motivi di urgenza. Tutta l’Italia si ritrova, in sostanza, in quarantena. Una dimensione alienante, che richiamava memorie ancestrali, ricordi di secoli passati in cui la consapevolezza della fragilità della razza umana di fronte ad epidemie e alle malattie era molto più presente nella coscienza collettiva. La nuova dimensione di isolamento che tutto il mondo comincia a sperimentare, in un impressionante effetto-domino, portava alla luce nuove necessità di restare in contatto nonostante l’impossibilità a viaggiare; restare collaborativi e mostrare in fin dei conti di essere in grado di proteggere le relazioni nonostante la nuova inaspettata situazione.

Zeudy Bianchi è Corporate Product Manager di Meccanotecnica Umbra.

«La vicinanza, questo aspetto che caratterizza MTU, è osservabile da tantipunti di vista:

è progettuale e geografica: l’area tecnica, presente in tutte le sedi di MTU e coesa nella sua organizzazione, è pronta ad assistere il cliente fin dalla progettazione in modo collaborativo. Questa vicinanza, questa partnership, traduce in modo tangibile quei valori che diventano ragione di eccellenza, rendendo possibile lavorare bene anche in un periodo assurdo come questo».

Il Covid-19 imponeva le sue regole: non solamente emergenza sanitaria, ma anche una nuova dimensione del lavoro: la necessità di rimanere in connessione reale con clienti, collaboratori, fornitori, in un mondo in cui le distanze tornavano improvvisamente a sembrare enormi. Cominciava così ad emergere un limite nel mondo per come lo si immaginava fino a qualche settimana prima: l’interconnessione commerciale, la globalizzazione finanziaria, l’interdipendenza delle relazioni produttive ed economiche transnazionali, tutto quello cioè che si dava per scontato ed inevitabile negli ultimi decenni, subiva una forte spallata destabilizzante, mentre si riscopriva la necessità di avere filiere produttive di prossimità, in grado di sostenere le economie.

Vicinanza ma non solo: un’enorme questione investiva la sicurezza sanitaria legata alle filiere produttive e industriali: la fiducia in tanti degli aspetti legati all’interconnessione globale subiva inevitabilmente un duro colpo, investendo in sostanza anche tutti gli ambiti indirettamente connessi con le questioni di salubrità: comparti energetici, pratiche estrattive, filiere industriali inquinanti.

«È facile immaginare come sarà sempre più fondamentale essere in prima fila quando si parla di certificazioni inerenti i processi industriali legati alla gestione di contesti alimentari, all’acqua potabile ed in generale a come le produzioni industriali impattano sull’ambiente e sulla salvaguardia degli eco-sistemi planetari», racconta Zeudy.

Meccanotecnica da tempo reagisce a questa istanza, identificandosi come un soggetto che risponde con le maggiori garanzie, e che da il suo contributo al miglioramento globale. 

Il successo di alcuni casi deriva in buona sostanza da questo atteggiamento. Molti progetti vincenti che uniscono le qualità necessarie per essere un’azienda globale, ma con una modalità di adattamento agile, capace di rispondere in termini tecnici di design e di certificazione anche quando si tratta di settori estremamente sensibili come quello farmaceutico, quello dell’acqua potabile, o quello alimentare, sempre più delicati ed esposti alla luce di quanto accade nel mondo. «Non deve suonare consolatorio, ma sembra proprio un buon viatico per una risposta tutto sommato positiva, per quanto sta accadendo e per quanto potrebbe accadere in futuro».

Poter sfoggiare certificazioni, equivale in questo momento a mostrare medaglie di eccellenza: acqua potabile: KTW/UBA (Germania), ACS(Francia), WRAS (Inghilterra), NSF61 (USA / Canada) per l’acqua potabile; FDA, 3-A, NSF 51 (USA), DM 174 (Italia), CE 1935/2004 (Europa) per l’alimentare, ne sono solo un esempio. Tutto questo arriva da lontano: l’organizzazione dell’azienda è infatti profondamente attraversata da questi valori, che si riverberano in tutte le fasi del lavoro, e che trovano concretezza in tutti i progetti portati a termine, come ad esempio lo sviluppo del CUG (full carbon), materiale senza impregnazione, certificato WRAS e KTW.

«È bello proporre un materiale proprio il cui controllo di qualità è interno all’azienda — e questo pochi lo hanno — Rappresenta alla perfezione un processo di design e gestione integrato, che coinvolge tutti i settori di MTU».

Nel sistema di certificazioni di cui Meccanotecnica Umbra può fregiarsi, confluiscono molti dei valori che sono intrinseci all’azienda, e che si stanno rivelando esattamente in linea con le istanze che la crisi globale innescata dalla pandemia sta facendo emergere. È facile immaginare come l’impatto concreto più importante di questi mesi si potrà osservare nelle filiere produttive di alcuni settori sensibili: alimentare, medicale, ambientale. Il mondo intero sta sperimentando come non esista soluzione di continuità tra un settore e l’altro: tutti condizionano nel bene o nel male le nostre vite. Questa attenzione è sintomo di una attitudine trasversale: ovvero la prontezza di risposta dell’azienda nell’ottenere le certificazioni, per tutti i contesti sensibili in cui si va ad operare. E questo diventa un driver di eccellenza, permettendo a tutta la struttura di spingere il limite un passo oltre quanto già conquistato, andando alla ricerca di nuovi contesti dove applicare le nuove expertise così ottenute.

«Vista l’attualità, è molto probabile che il futuro sarà sempre più legato al concetto di design igienico. Per Meccanotecnica si tratta sicuramente di un elemento strategico, che può divenire vincente. Chiaramente non si blocca una pandemia con una tenuta, ma si contribuisce con un lavoro di eccellenza a costruire un processo di innalzamento della qualità generata, anche in termini di salute».

Le linee guida esistenti (ad es.: EHEDG), a cui un numero sempre maggiore di contesti territoriali si sta allineando, prevedono aggiustamenti tecnici a livello di design, per esempio come tenute senza spigoli (corners/edge) e dead-end, o una controllata rugosità superficiale dei componenti a contatto con il prodotto, che possa rispondere ad un livello maggiore di salubrità, riducendo il rischio di contaminazione microbica.

«Esiste un engineering e design
igienico, ed è orgogliosamente
 una delle nostre eccellenze.

Le richieste variano molto a seconda del cliente, del settore o del contesto territoriale. L’Europa è già avviata verso alti standard di richieste per operare in questi settori sensibili, e la Cina addirittura ha deciso di alzare i propri standard». Qualcosa dovrà pur variare, nel nostro modo di concepire la produzione industriale o di immaginare le regole per innalzare livelli di qualità ambientale dei processi, uscendo dal momento pandemico. Questi mesi hanno reso evidenti quelli che sono i rischi intrinseci di una globalizzazione in cui si dissolve la relazione diretta, il contatto, la conoscenza personale, in cambio della concorrenzialità su pochi decimali di costo.

«Ma sulla personalizzazione, sulla vicinanza di assistenza tecnica, sull’affrontare le fasi progettuali con una modalità realmente collaborativa e di consulenza, molti si stanno dimostrando molto meno responsive di noi».

L’importanza delle relazioni
(e dell’Olio Extravergine d’Oliva)

La costruzione di relazioni commerciali virtuose e durature dipende da una serie di fattori decisivi, non tutti così scontati ad una prima riflessione. Lo sa bene Luciano Vagnoli, quarantasette anni passati con passione e talento al servizio della MTU. «Un ineccepibile approccio tecnico, certo. Puntualità, capacità progettuale, vicinanza commerciale. Ma anche, e a volte potremmo dire soprattutto, la capacità di esprimere una visione, riconoscere e alimentare dei valori condivisi tra azienda e clienti: ecco dove sta la profonda natura della relazione».

La sede di Campello sul Clitunno di Meccanotecnica Umbra è situata tra i dolci profili delle colline dell’Umbria orientale, immersa tra alcuni dei borghi medievali più belli d’Italia, dove crescono quegli ulivi secolari che sono emblema della stretta relazione che in queste terre esiste da sempre tra uomo e natura, dove tutto, a cominciare dalla natura delle costruzioni abitative fino ad arrivare alle produzioni industriali della zona, racconta di un delicato e meraviglioso rapporto di integrazione e simbiosi. Spello, Campello sul Clitunno, Montefalco, Bevagna: i luoghi e gli odori, lo stile di vita che questa terra esprime, le qualità eccezionali dell’olio e del vino che qui vengono prodotti, vanno a costituire un corollario di suggestione a quanto un’azienda come MTU riesce ad esprimere attraverso i propri prodotti. La costruzione di una relazione forte passa attraverso il disvelamento di questi valori: attraverso i sensi, attraverso la conoscenza, in un lento processo di comprensione e integrazione.

«Se torno con la mente ai tanti anni di lavoro trascorsi, mi appare ora evidente come non ci sia soluzione di continuità tra azienda e territorio: far conoscere Meccanotecnica ai nostri partner è stato anche far conoscere l’Umbria, in tutti i suoi aspetti di eccellenza».

E così, proprio come la terra umbra si racconta in una lenta e profonda narrazione di sé, le qualità di MTU si sono rivelate nel tempo, legando a sé partner e interlocutori, consolidando rapporti commerciali, conquistando fiducia, ampliando mercati.

«Oggi guardare indietro a decenni di consolidati rapporti commerciali è un po’ come assaporare un pregiato olio di oliva, frutto di secoli di crescita naturale, lavoro, passione. Perché noi siamo il contesto in cui viviamo. Il territorio ci codifica, ci condiziona, ci premia e ci caratterizza. E questa sensazione diviene reale visitando il contesto in cui opera la Meccanotecnica Umbra: è un valore importantissimo, insostituibile, che non lascia mai indifferenti. Appartengo ad una famiglia che per generazioni ha prodotto vino ed olio, nelle terre che circondano il famoso borgo umbro di Montefalco. La mia vita lavorativa mi ha poi portato a trovare enormi soddisfazioni in contesti molto diversi, ma ho tutt’ora una mia cugina che ha proseguito la tradizione di olivicoltura e di coltura vitivinicola (e mi è capitato di invidiarla, questo sì, nel corso degli anni!). Vedo questo di preoccupante, nelle conseguenze di tutto questo isolamento: rischia di venire a mancare il coinvolgimento diretto, l’esperienza anche sensoriale di trovarsi in un luogo speciale. Stringere un accordo con una stretta di mano, guardandosi negli occhi. Lasciandosi assorbire dal sapore della terra, dagli odori di queste colline che ammaliano e legano. Il distanziamento imposto, ma ancora di più la paura del contagio, ci tolgono il piacere di questa dimensione».

Ma fortunatamente, i legami che sono stati forgiati in questo modo sono forti, e per rinvigorirli a volte basta poco: «Mi sono così trovato in queste settimane di quarantena a parlare con clienti di regioni lontane. È bastato questo per avere la sensazione che quei sapori e quei profumi esistono ancora. Che il mondo ci attende per ripartire, e ad aspettarci c’è tutta l’umanità, c’è tutta l’importanza dei rapporti che rendono la vita densa e memorabile, ci sono nuovi ricordi di valore da collezionare».

«Perché le relazioni di collaborazione durature si fondano soprattutto sull’esistenza valori condivisi in cui ci si riconosce: è importante ricordarsene, soprattutto in un frangente come questo. Alcuni di questi rapporti di collaborazione vanno avanti da più di quarantacinque anni: sono davvero tanti.

In questo tempo, in questa misura importante di storia, non esiste solamente il lavoro: c’è rispetto, amicizia, rapporto umano, c’è una particolare forma di complicità. In altre parole c’è dentro tutta la bellezza della vita. E forse è questa la migliore traduzione che oggi posso immaginare della parola eccellenza».

Spostare il limite.

Era da poco iniziato il 2015 quando Meccanotecnica Umbra entrava in contatto con AugustaWestland, attiva nella costruzione di elicotteri e successivamente confluita nella divisione elicotteri di Leonardo s.p.a., per collaborare allo sviluppo di un nuovo prodotto destinato al mercato asiatico. «Per noi si trattava di una grande sfida: progettare una tenuta meccanica per trasmissioni che per caratteristiche tecniche e condizioni di lavoro ci costringeva a superare i tradizionali limiti della nostra operatività. Era un prodotto particolare anche per AugustaWestland, in quanto sarebbe stato realizzato una sola volta, non avrebbe avuto un seguito. Probabilmente questa caratteristica fu uno dei motivi che li portò ad allontanarsi dai loro abituali fornitori e sposare la nostra causa. Se confrontato con gli abituali movimenti di fatturato del settore, un progetto non replicabile può risultare non appetibile. Diviene allora vincente poter contare su un partner con caratteristiche che sono poi quelle che identificano Meccanotecnica: agilità perativa, comunicazione e vicinanza. Tutti questi elementi permettono di dare una risposta a uno dei principali problemi che le aziende incontrano con i fornitori di progetti ad altissima tecnologia applicata, ovvero i tempi di risposta» racconta Emanuele Minciarelli.

«Inizialmente, ricordo che è stato complesso convincere tutta MTU a lanciarsi in una produzione di un prodotto così fortemente innovativo da presentare problematiche e sfide in un certo senso rischiose».

Il progetto richiedeva infatti un lavoro alla velocità di rotazione di 15.000 - 18.000 giri, quando il livello standard di velocità di rotazione per MTU era di 4.000 - 5.000 giri. Inoltre, l’ambito di lavoro era per Meccanotecnica completamente nuovo: un elicottero. Metaforicamente, una perfetta rappresentazione di come questo progetto imponesse l’abbandono di una comfort-zone (il lavoro a terra, con pressione di 1 bar) per lanciarsi alla conquista di uno spazio nuovo (ovvero l’alta quota, con pressione prossima allo zero). La decisione di procedere, supportata dalla proprietà e dall’intera struttura aziendale con in prima fila il reparto di ricerca e sviluppo, ha poi decretato l’inizio concreto di questa sfida, mentre l’anno stava finendo: aerospace, la conquista di un nuovo mondo progettuale, un viaggio alla scoperta di un nuovo spazio. Erano questi i “buoni propositi” per il nuovo anno, che come d’abitudine si annunciava foriero di cambiamenti e nuove conquiste.

Il dieci gennaio 2016 l’uomo venuto dallo spazio, l’artista dai mille travestimenti, il cantante della scoperta di nuovi pianeti se ne andava definitivamente dalla Terra. David Bowie moriva nella sua casa di New York, dopo aver speso una vita a spostare il confine, ad abbandonare vecchie vesti per nuove divise, andando sempre un passo più in là. E con questo modificando il gusto, la sensibilità, il modo stesso di pensare ad interi decenni di costume, caratterizzando il suono e la moda. All’inizio dell’anno, il suo ultimo viaggio passava idealmente il testimone, alla ricerca di nuove sfide e nuova immaginazione.

Meccanotecnica e Leonardo si ritrovavano così, inconsapevolmente, a solcare percorsi per definire nuovi spazi di progetto, co-sviluppando il prodotto, allargando i rispettivi contesti di lavoro, affiancandosi nella definizione delle nuove sfide. Una scommessa che sarebbe poi risultata vincente, arrivando, dopo la realizzazione di vari prototipi intermedi, alla realizzazione del prodotto per la metà del 2017.

Quando si affrontano nuove avventure, spesso le conseguenze sono maggiori di quelle che si potevano immaginare inizialmente: ma a volte, oltre a confermare che le previsioni progettuali erano corrette, le scoperte positive non si esauriscono con la realizzazione di quanto previsto.

«Così Leonardo s.p.a. ha conosciuto MTU, i tecnici ed i responsabili sono venuti in azienda ed hanno visto, toccato con mano la realtà di Meccanotecnica: per poter lavorare nel mondo Aerospace, come è facile immaginare, sono necessarie diverse certificazioni specifiche, per le quali sono stati realizzati degli audit appositi, per constatare che gli standard lavorativi fossero in linea con quanto richiesto da questo delicato settore» ricorda Minciarelli.

«Questa partnership ha portato orgogliosamente MTU in contesti di primo piano. Ma è soprattutto la constatazione di come questo progetto ha permesso una crescita verticale di expertise, trasferendo competenze tecniche e organizzative a tutti i reparti e le strutture aziendali, a costituire un lascito ineguagliabile».

Gli ottimi risultati economici, o la successiva apertura di nuovi progetti nel settore aerospace, ne sono infatti solo la parte più evidente: quella più nascosta ma non meno importante è caratterizzata da una crescita consapevole, organica, trasferibile. E soprattutto in grado di allargare l’identità di MTU, senza snaturarla. Come successo per altri contesti, anche la collaborazione con il settore aerospace ha portato inevitabilmente a confrontarsi con scelte etiche, data la contiguità con utilizzi militari della stessa tecnologia: una sfida nella sfida, la capacità di concludere positivamente la progettazione di un prodotto senza rinunciare a valori profondi propri dell’azienda.

Quel primo progetto è stato l’inizio di una accelerazione per diversi ambiti tecnici come il dry running, o l’alta velocità di rotazione (oggi MTU progetta componenti in grado di operare fino a 40.000 giri). Da qui sono nati innovativi banchi prova e nuove tecnologie, come la lavorazione laser superficiale, e altri grandi progetti come ad esempio H.E.R.O., che utilizza parte delle lavorazioni laser superficiali derivate dal progetto aerospace.

E tutto ebbe inizio in quell’anno crocevia di progetti, lasciti e cambiamenti innescati, il 2016. Anno in cui, il 28 giugno, un attentato terroristico colpiva l’aeroporto internazionale Ataturk di Istanbul.

La storia nella Storia.

Al momento dell'incidente, Istanbul era già stata oggetto di tre attacchi terroristici nel corso del 2016, e la situazione era quanto meno preoccupante. Quel giorno, poco prima delle 22:00, tre assalitori si avvicinavano agli scanner dell’aeroporto aprendo il fuoco, ingaggiando un conflitto armato con la polizia e facendosi esplodere, causando 45 vittime e 239 feriti. Erano anni che le cose in Turchia sembravano non riuscire ad andare mai per il verso giusto, ovvero in una direzione che permettesse alle relazioni economiche tra le aziende del paese ed i partner internazionali di avere delle condizioni stabili di sicurezza sociale e finanziaria per lavorare bene insieme, come avevano sempre fatto fino a quel momento. Nella lunga storia delle relazioni economiche tra Italia e Turchia non sono mai mancati momenti di difficoltà tutti però superati dalla consapevolezza che le due realtà economiche, fin dagli anni ‘60, hanno un alto livello di complementarietà che le rende quasi indispensabili una per l’altra.

Tra alti e bassi, la storia dei rapporti economici tra Roma e Ankara veniva da lontano, dagli Anni ‘60 quando grandi gruppi italiani avevano puntato molto sulla Turchia come piattaforma ideale per conquistare nuovi mercati nel Mediterraneo orientale. Tra il 2013 ed il 2014 per l’Italia la Turchia costituiva il principale mercato di sbocco in quella zona, e per MTU questo si traduceva in un mercato totale di oltre due milioni di euro, divisi tra i settori automotive ed industriale, mentre Recep Tayyip Erdoğan, fondatore del partito conservatore turco AKP, veniva eletto il 28 agosto 2014 il 12° Presidente della Turchia. Emanuele Minciarelli aveva rilevato proprio in quel periodo la zona di competenza commerciale della Turchia da Luciano Vagnoli.

«Nel giro di 2 anni il mercato è crollato, soprattutto per via dei problemi sociali che hanno investito la Turchia e le conseguenti limitazioni commerciali che si sono venute a creare nel tempo. Questo ha portando i nostri clienti a smettere di comprare da noi, preferendo fornitori turchi. A causa dei problemi sociali non abbiamo più potuto continuare a far visita ai nostri clienti sul territorio: abbiamo interrotto relazioni dirette, e smesso di partecipare agli eventi locali. Inoltre, il nostro principale concorrente turco in quel periodo ha aperto un sito produttivo a cento metri di distanza dai principali costruttori turchi di pompe. Sta di fatto che a fine 2015, il nostro fatturato era arrivato a zero».

Da dove ripartire? Da quello che si sa fare bene.

«Abbiamo cercato allora come
prima cosa di ristabilire tutti
quei rapporti e le relazioni
dirette che ci erano venute a
mancare, tentando di ricostruire
la rete a cui Luciano aveva
lavorato, cercando accordi con distributori locali.

Questo ci permetteva di iniziare il recupero di una forma di rapporto personale, che nel contesto del mercato turco risulta assolutamente fondamentale. È in quel periodo che si concretizzò l’idea di un’acquisizione di uno di questi distributori, la Megaseal, che oltre a distribuire era anche produttrice di tenute meccaniche, per lo più destinate al mondo del power. Ricordo bene quegli anni, avevamo appena risollevato di poco il nostro fatturato. Tutto si bloccò successivamente ai fatti che seguirono l’attentato all’aeroporto».

La situazione turca sembra precipitare in un vortice molto pericoloso: il 15 luglio 2016 viene organizzato un fallito golpe militare, messo in atto da una parte delle forze armate per rovesciare il presidente Erdoğan e prendere il potere nel Paese. Le conseguenze sono durissime ed arrivano fino alla dichiarazione dello stato di emergenza il 20 luglio, rendendo di fatto impossibile proseguire in modo lineare il processo di rientro nel mercato.

Il 19 dicembre 2016 l’ambasciatore russo Andrej Karlov viene assassinato in un attentato mentre presenziava a una mostra d'arte in Turchia, a seguito di colpi d'arma da fuoco sparatigli a breve distanza da Mevlüt Mert Altıntaş, un giovane poliziotto locale. La Turchia è decisamente un contesto poco invitante dove sviluppare un progetto commerciale a lungo respiro.

«Eppure il processo era iniziato. Megaseal aveva investito in vista dell’acquisizione, assumendo personale e sviluppando il mercato locale per potersi interfacciare correttamente con MTU. Ci siamo trovati in posizioni di grande difficoltà, nel non riuscire in quel momento a dare seguito alla parola data».

Nella seconda metà del 2017 si decide di partire nuovamente per la Turchia. La situazione si stava normalizzando, permettendo di organizzare quella che a tutti gli effetti era la prima visita di persona in 5 anni.

Questo ha permesso di riprendere la relazione con i clienti, di ricostruire i contatti, di dare un volto e una voce reali alle nuove conoscenze.

E, grazie all’accordo di distribuzione con Megaseal, i rapporti sociali hanno ricominciato ad essere intessuti.

«Era necessario essere li. Per questo programmai una visita ogni tre mesi, anche in assenza di motivi strettamente commerciali. Salutare, bere caffè, fumare insieme… anche se non fumo! Un pacchetto di sigarette sigillava le strette di mano, dopo cene tra persone che parlavano male inglese o solo turco, o racconti di cui comprendevi a malapena tre parole ma che ti risultavano chiarissimi, in fondo».

Mentre si allentano le misure di sicurezza, con la fine dello stato di emergenza, MTU ottiene il supporto diretto del distributore locale sul territorio, anche tramite una dichiarazione ufficiale presso il governo. Tutti erano molto consapevoli della difficile situazione di contesto, e della necessità di poter contare su persone del luogo per potersi muovere liberamente, rivestendo un ruolo molto importante di ponte. In poco meno di un anno, il fatturato passa da 35.000 euro a 500.000 euro nel 2019, ed il percorso verso l'acquisizione riprende con decisione.

«Era anche fondamentale per noi creare una relazione diretta con i dipendenti della società che avremmo acquisito, che non ci vedevano di buon occhio a causa delle promesse non mantenute nel 2017, seppur non per nostro volere.

Il popolo turco è molto amichevole ed altrettanto fiero: non si deve mai perdere la sua fiducia, in quanto poi è difficile riconquistarla. Si sono così ricreate le prerogative per l’acquisizione e a luglio 2019 sembrava proprio cosa fatta».

Se non che l’ennesima svalutazione della Lira turca, ad agosto 2019, rende cartastraccia l’offerta avanzata appena 15 giorni prima per l’acquisizione, mettendo a rischio la tenuta stessa del mercato oltre a porre nuove condizioni finanziarie.

«L’ennesimo ostacolo di questo percorso pazzesco venne superato ad ottobre 2019, quando riuscimmo a partecipare ad una delle più importanti fiere di settore turche. Secondo tradizione, questa fiera ha una dimensione molto sociale, conviviale. Tanto che il sabato mattina è usanza per i vari direttori e proprietari invitare le famiglie, per uno scambio sociale e culturale molto intenso».

E così, è nuovamente questo aspetto di profonda umanità del rapporto commerciale a far si che il rapporto resti vivo, ed il percorso verso l’acquisizione resti concreto. Questa fiducia recuperata, sancì in definitiva la possibilità di prendere la decisione di arrivare alla firma.

«La storia della presenza di MTU in Turchia è un esempio importante di come, oltre a garantire buone vendite e progettare buoni prodotti, i migliori risultati si ottengano soprattutto costruendo ottime relazioni».

Perché quanto costruito in tanti anni costituisce un lavoro di fondo che germoglia rigoglioso, che costruisce legami forti, che non si scioglieranno nemmeno se il mercato dovesse nuovamente voltare la faccia. Anche in quel caso, le porte resterebbero aperte». Il racconto dell’eccellenza di Meccanotecnica Umbra passa allora dal racconto di questi valori: costituiscono un capitale aziendale intangibile ma insostituibile, fatto di relazioni e rapporti, sia culturali che personali.

Un capitale d’eccellenza.

François Prévot è abituato al multiculturalismo. Come tutte le persone a cui la vita ha riservato una condizione di multi - cittadinanza, è un po’ come se riassumesse in sé l’idea stessa di Europa: niente a che vedere con qualcosa di politico, quanto piuttosto una spiccata sensibilità nel cogliere quelle sottili differenze che permettono di riconoscersi, fidarsi e legare rapporti di fiducia, quando ci si trova in contesti diversi da quelli a cui siamo tradizionalmente abituati. Il lavoro di responsabile commerciale per Meccanotecnica Umbra lo ha portato ad essere un francese che lavora in Italia, un italiano che si presenta in Germania, oppure un franco-italiano alle prese con le convenzioni sociali di un paese dove, ad esempio, le caratteristiche di puntualità “latine” non sono proprio viste come un fiore all’occhiello, ovvero la Gran Bretagna.

François sa bene quanto lavoro occorre per tessere relazioni, e quanto poco basti per farle naufragare rapidamente. Entrare in Inghilterra, come in Germania, farsi accettare come partner meritevoli e degni di indiscussa fiducia, nonostante vai a giocare la partita in casa del tuo concorrente, è un lavoro di cristallizzazione che assomiglia di più alla stratificazione di una madreperla che ad una crasi linguistica, votata alla rapidità. Quella velocità che sembra l’unico metro di giudizio per un’era dove non si accetta il rallentamento, dove si dimentica il tempo del respiro. Il respiro, quello che ti porta a conoscere una terra, un popolo, una cultura, attraverso l’olfatto, o il gusto, molto di più che attraverso altre forme di esperienze più “professionali”.

«L’esperienza di promuovere MTU sui mercati esteri è in sé un racconto di eccellenze. 

A me piace raccontare la Meccanotecnica come una multinazionale “tascabile”, dal volto umano, estremamente reattiva e flessibile, dove i clienti possono trovare la stessa garanzia di qualità, di tempi certi, la stessa vicinanza, ovunque abbiano degli stabilimenti.

Quella “impronta” riconoscibile ovunque nel mondo. Ma anche un fornitore un po’ meno rigido dei nostri concorrenti, che a volte date le dimensioni hanno una inerzia maggiore e un peso specifico simile a quello dei clienti, che si trovano costretti ad accettarne le condizioni».

Fino a qui una perfetta definizione “commerciale”. Ma la traduzione di queste frasi in qualcosa di concreto e tangibile passa per una mediazione che potremmo definire culturale, molto più epidermica, di coinvolgimento emotivo.

«Il problema è che andare in Germania a vendere a dei clienti tedeschi un prodotto italiano contro concorrenti tedeschi non è sempre semplice. Ci si batte a volte anche contro i pregiudizi. A forza di frequentare i mercati, si colgono le differenze culturali tra un contesto e l’altro. La professionalità ci porta a livellarle, ma sono ancora del tutto determinanti: spiccicare due o tre cavolate in tedesco per avere buoni riscontri in Germania; parlare francese in Francia; essere puntuali in Inghilterra» racconta François. E questo permette di comprendere altre sottigliezze, ad esempio in che senso la Germania sia un paese in parte restio al cambiamento, dove un concetto si rivoluziona solo passando, prima, dalla garanzia di riuscire a fornire lo stesso livello di qualità già esistente in modo ineccepibile, quando invece in Inghilterra è possibile lavorare più facilmente.

Ma, in fin dei conti, si tratta sempre di avere una pianificazione che risulti vincente: studio del mercato, analisi dei player in gioco, attenta costruzione di una relazione, individuando l’interlocutore più adatto.

«Noi ci presentiamo in modo informale, servono quindi interlocutori che parlino un linguaggio adatto a recepire in modo direi omeopatico il nostro lato latino. Le differenze culturali vanno rispettate anche quando riguardano la nostra identità: l’azienda si arricchisce di tutti gli elementi culturali che vengono riassunti in un imprinting che per osmosi poi assorbe la vicinanza territoriale dei contesti in cui agisce. Puoi avere il migliore prodotto del mondo ma se non crei empatia, se stai sul cliente solo per operazioni one-shot, poi non si costruisce nulla».

Ed allora è qui che entrano in gioco altri biglietti da visita, come la visita allo stabilimento di Campello sul Clitunno. La strategia che si concentra sulla ricerca di una tipologia di cliente flessibile, sensibile agli asset di MTU, prende corpo portandolo in Umbria.

«Se ci si rivolge a clienti industriali mostrando uno stabilimento top a livello di macchinari, di laboratorio, di know-how, di ricerca, e con questo si dimostra di avere nel DNA una impostazione “automotive”, si riesce a fare breccia.

Spesso grossi clienti danesi o tedeschi hanno mostrato grande interesse dopo aver visitato lo stabilimento. Poi sta a noi riuscire ad agganciare un progetto dove possiamo dire la nostra, e rompere un po’ l’egemonia che hanno i nostri principali competitor, superando anche le barriere linguistiche. Si deve lavorare sia sul livello tecnico che su quello culturale: va smossa quell’inerzia dovuta al fatto che molti clienti sono stati abituati ad avere un riferimento locale, vicino a loro geograficamente e linguisticamente, con facilità di comunicazione e comunque un’ottima qualità della riposta tecnica. Inserirsi in questo contesto non è semplice».

Nel tempo si creano buoni legami, grazie a quella flessibilità propria di MTU, in particolare grazie alla capacità di risolvere una problematica tecnica del cliente, intercettando i progetti e le partnership con un tasso di innovazione che corrisponde ad un DNA comune tra azienda e cliente. Ma prima di tutto questo rapporto nasce grazie alle visite allo stabilimento. 

È questo il momento dell’imprinting, in cui la relazioni iniziano ad identificarsi non solamente come un legame commerciale, ma come la costruzione di un rapporto umano, culturale e dinamico, in grado di generare crescita reciproca.

«Il sito produttivo di MTU parla da solo, ma una volta usciti dallo stabilimento la regione ed i prodotti che essa offre sono determinanti per creare le relazioni: ci si trova bene, c’è piacere a venire. E così il motivo delle visite diventa anche il lavoro: i nostri partner stanno bene con noi. Olio vino e stile di vita.  È un’alchimia di scambio che va creata e coltivata».

In venti anni se ne accumula di esperienze. Si viaggia, si ospita, si cresce. Ed è bello osservare come un modo di lavorare così caratterizzato, sia in grado di dare i risultati sperati, generando lavoro, progetti, storie.

Ovviamente a volte anche la migliore strategia fallisce: fa parte del gioco. Ma è sempre importante camminare, a livello commerciale, con un passo che poi l’azienda riesce a sostenere, come ricerca, produzione, gestione dei rapporti. Oltre ai muri, alla struttura, sono organizzazione e persone gli elementi che fanno realmente la differenza:

da tecnici che sanno ispirare fiducia durante gli incontri, al back office che sa gestire i rapporti nel migliore dei modi.

E quando riceviamo attestati di stima in tal senso perfino dai nostri concorrenti - a volte veri e propri colossi - capiamo che stiamo facendo davvero un buon lavoro.


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